"PRENDITI CURA DI ME" di Francesco Recami

Quarantenne, tanti debiti, un matrimonio fallito alle spalle, un lavoro –consegnare bottiglie con un furgone scassato nella periferia di Firenze- che non lo fa arrivare alla fine del mese. Desideri? Aprire un wine bar –esperienza già fatta e conclusasi infelicemente-, oppure fuggire in un Paese del Sud America dove si può campare, bene, anche con pochi euro. Questo è Stefano, il protagonista di “Prenditi cura di me”, il romanzo di Francesco Recami, vincitore della XXIII edizione del Premio Letterario Castiglioncello.

Un’esistenza triste e squallida, la sua, come la periferia nella quale si muove, che contrasta nettamente con la Firenze delle cartoline e delle immagini patinate per turisti.

Al peggio non c’è mai fine, dice un proverbio: Marta, sua madre è colpita da un ictus che la costringerà in ospedale e poi a casa, bisognosa di aiuto. Stefano, che dovrebbe accudirla, non riesce a badare a se stesso, figuriamoci di qualcun altro. Per lui la preoccupazione di cosa fare e in che modo farlo, prevalgono sul dolore, comunque si prenderà cura della madre fino a che non troverà una badante. Il pensiero che martella Stefano è il gruzzolo che la madre tiene in banca, perché è convinto che quello possa tirarlo fuori dai guai. Più che la madre vede in lei la possibilità di risolvere i suoi problemi. Ma la madre cede pochissimo, resiste agli assalti del figlio, fino alla fine...

Recami rende il contesto del romanzo molto realistico, descrive con durezza, la vita nell’ospedale, il momento della dimissione, le difficoltà che incontra Stefano nella ricerca di un aiuto, di una badante, ci trascina con abilità, nei luoghi del dolore e della solitudine, ma soprattutto disegna magistralmente un particolare rapporto tra madre e figlio.

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